L’Ue richiama l’Italia per violazione della parità di opportunità lavorative e retribuzione tra uomini e donne. Nell’anno previsto un crollo dell’occupazione femminile a causa del Covid.

Gli ultimi dati raccolti ci dicono che il tasso di occupazione delle donne si assesta al 48,9%, circa 20 punti in meno rispetto a quello degli omini (ad aprile 67%), e fanalino di coda Ue.

L’Ispettorato del lavoro ha certificato che nel 2019 oltre 37mila mamme lavoratrici hanno presentato le dimissioni. Principale causa di rinuncia al proprio impiego, la difficoltà di conciliare lavoro e accudimento dei figli. Per il 2020 l’aspettativa è di un crollo verticale, considerata la chiusura delle scuole che, di fatto, ha concluso l’anno scolastico lo scorso 5 marzo.

Scelta obbligata: o lavorare o fare figli

Passando questi dati al microscopio scopriamo che la fascia d’età in cui le donne abbandonano di più il mondo del lavoro è proprio quella centrale: tra i 29 e i 44 anni. Questo ci dice che, arrivata ad un certo punto della propria carriera, la donna che desiderava fare figli è quasi costretta ad abbandonare il lavoro.

Un atteggiamento, questo, che rischia gravi ripercussioni sul futuro demografico del paese. Pur tenendo conto dell’apporto dell’immigrazione (stimato dall’Eurostat in circa 200mila persone in media all’anno), la popolazione di età compresa tra 15 e 64 anni si ridurrà di oltre 3 milioni nei prossimi 15 anni.

Salari sempre un passo indietro

Negli ultimi anni si è cercato di colmare il divario tra la differenza salariale che interessa i due sessi. Dal 2016 al 2018 la disparità retributiva è sì diminuita del 2,7% ma resta comunque ampio il gap che è di 2.700 euro lordi pari al 10% in più a favore degli uomini. Questi valori, secondo Eurostat, ci posizionano al 17° posto su 24 paesi per ampiezza del Gender Pay Gap nel settore privato.

La motivazione sta nella natura degli impieghi. Nonostante l’Italia sia il primo paese per quote rosa nei consigli di amministrazione, con il 38%, solo il 18% ricopre posizioni dirigenziali. Un dato ancora più basso riguarda l’imprenditoria, con il 12% di donne a capo di un’azienda.

Senza il lavoro delle donne l’Italia non riparte

«La parità di genere e il sostegno all’occupazione femminile sono l’asset strategico per il rilancio del Paese, la precondizione per la ripartenza. Dimenticarlo significherebbe non soltanto perdere un treno fondamentale per lo sviluppo, ma condannare l’Italia alla regressione, economica e culturale». Questo l’accorato appello lanciato dalla Vicepresidente della camera Maria Edera Spadoni in una seduta della Camera dei deputati lo scorso 7 luglio . A sostegno della Spadoni sono intervenute anche Linda Laura Sabbadini (Istat) ed Elisabetta Camussi (Università di Milano Bicocca), entrambe componenti della task force Colao per l ripartenza.

Tra le soluzioni proposte per arginare la crisi, la deputata pentastellata ha citato tra le misure positive all’orizzonte i cantieri aperti tra Palazzo Chigi e il ministero del Lavoro guidato da Nunzia Catalfo «per scongiurare l’espulsione dei lavoratori e in special modo delle lavoratrici al termine della Cig», l’assegno unico e il Family Act della ministra Elena Bonetti, con l’innalzamento del congedo di paternità a 10 giorni rispetto ai 7 attuali.